Confisca1Trenta ettari di terra di proprietà privata palestinese nel villaggio di Fasayal (Valle del Giordano) sono stati recentemente confiscati dalle autorità di Israele, in combutta con i coloni illegali israeliani. La terra confiscata si trova tra due colonie israeliane illegali, Yafit e Masu’a, e confina con la strada 90 che in molti casi è interdetta ai Palestinesi per “motivi di sicurezza”.

Già sei mesi fa si era visto che le autorità di Israele e i coloni israeliani illegali preparavano la terra spianandola con i bulldozer per allestire la superficie su cui costruire una riserva d’acqua per uso agricolo. Il 19 dicembre il progetto è proseguito con lo scavo di buche per gli alberi. A tutt’oggi sono già state messe a dimora illegalmente 400-500 piante di datteri, mentre al proprietario palestinese viene impedito l’accesso alla sua stessa terra.

Secondo gli Accordi di Oslo, il villaggio di Fasayal era stato incluso nell’area C, ma è stato poi dichiarato “terra dello stato”. Nel corso dell’occupazione israeliana, più di 340 ettari di terra di proprietà privata sono stati confiscati a Fasayal per insediarci quattro colonie israeliane e una base militare di Israele. Mentre la terra palestinese viene confiscata per “motivi di sicurezza” o perché non è stata coltivata per tre anni consecutivi (anche se ciò avviene perché dichiarata “zona militare chiusa”), le colonie illegali israeliane continuano ad espandersi occupando sempre più terra palestinese per scopi residenziali e agricoli.

Confisca2Dal momento che, secondo gli Accordi di Oslo del 1993, il 94% della Valle del Giordano era stata dichiarata area C, le autorità israeliane [che ne hanno il controllo, NdT] impediscono agli agricoltori e agli imprenditori palestinesi di sviluppare progetti agricoli nella valle e di creare così posti di lavoro. Le colonie, al contrario, godono di abbondanti investimenti, compresa una generosa assegnazione di acqua che permette loro di sviluppare una moderna agricoltura intensiva e di esportare in Israele e in Europa grandi quantità di frutta e di ortaggi. Circa il 40% delle esportazioni israeliane di frutta e ortaggi proviene dalla Valle del Giordano, mentre i Palestinesi devono affrontare grossi ostacoli, come i posti di blocco israeliani e i controlli ai porti e agli aeroporti. Inoltre, afferma [il quotidiano online] Al Monitor, i costi per esportare dalla Valle del Giordano attraverso il Porto di Ashdod ammontano a circa 1.700 dollari a container, secondo le stime della compagnia Sinokrot, mentre i costi per esportare dalle colonie della Valle del Giordano attraverso lo stesso porto di Ashdod ammontano soltanto a 700 dollari per container.

I Palestinesi della Valle del Giordano soffrono per mancanza di acqua, perché negli ultimi quaranta anni Israele ha isolato “per ragioni di sicurezza” 162 pozzi agricoli ad Est della strada 90 e controlla inoltre dove i pozzi possono essere costruiti, quanto possono essere profondi e quanta acqua può essere estratta. Oltre a ciò, Israele scava pozzi a profondità critiche, raggiungendo gli strati ricchi di sali e rendendo così salata l’acqua dei pozzi palestinesi; come se non bastasse, posiziona i nuovi pozzi riservati agli Ebrei vicino alle sorgenti palestinesi, prosciugando o sottraendo gran parte dell’acqua palestinese. Un altro modo in cui Israele controlla l’acqua della Valle del Giordano consiste nell’impedire che i Palestinesi usino la loro quota dei 250 milioni di metri cubi del fiume Giordano. Intanto i coloni hanno uno sconto del 75% sulle loro bollette dell’acqua e si calcola che usino 6,6 volte più acqua dei loro vicini palestinesi.

La Jordan Valley Solidarity chiede che finisca una buona volta il silenzio della società internazionale, delle Nazioni Unite e dei paesi europei nei confronti della sottrazione illegale di terra, del furto di acqua, dell’espansione delle colonie e dell’occupazione illegale. Chiediamo inoltre che l’ONU, i paesi europei e gli organismi di solidarietà internazionale mandino forze di protezione per i Palestinesi dell’area C della Valle del Giordano, per preservare il popolo, la terra e le loro risorse.