Ancora demolizioni nel villaggio di Al Jiftlik nella Valle del Giordano.
Dalla Jordan Valley Solidarity Campaign
Il 22 novembre 2017, l’esercito israeliano è arrivato al villaggio di Al Jiftlik per demolire un edificio che apparteneva alla famiglia Al Aram. La costruzione, di 150 mq, veniva usata come ricovero per animali. L’esercito è arrivato alle 8 del mattino con quattro jeep militari, due bulldozer e altri due automezzi che contenevano circa venti soldati, altre attrezzature per rimuovere oggetti e proprietà degli abitanti e rappresentanti dell’amministrazione con l’asserito documento per la demolizione.
Dopo aver ordinato alla famiglia di lasciare i locali, l’esercito ha iniziato a rimuovere gli oggetti dei proprietari finché, a venti minuti dal suo arrivo, la distruzione della struttura era già completa. Durante la demolizione e i preparativi connessi, alla famiglia e agli altri spettatori non è stato permesso di entrare nell’area della proprietà. Erano presenti i componenti della famiglia, i vicini ed anche internazionali e attivisti di organizzazioni come la Jordan Valley Solidarity e il Consiglio Ecumenico delle Chiese. L’esercito ha usato metodi intimidatori come filmare, spingere e gridare, per impaurire e sottomettere la famiglia e gli altri presenti. Ai familiari e agli spettatori che chiedevano spiegazioni sulla demolizione, l’esercito rispondeva che l’area è ora una zona militare chiusa in cui non si può entrare e che non può essere più reclamata come una proprietà privata.
L’ordine di demolizione era stato comunicato dall’esercito israeliano alla famiglia Al Aram circa un anno e mezzo fa. Alla famiglia erano stati dati 45 giorni di tempo per fare appello in tribunale e chiedere il permesso di conservare l’edificio. Ma la famiglia non può uscire dalla Cisgiordania ed entrare in zone diventate parte di Israele nel 1948, come Gerusalemme. La famiglia cercò di ottenere un permesso per andare al tribunale di Gerusalemme, ma il permesso non fu concesso. L’avvocato che li rappresentava fece appello e presentò tutti i documenti che erano stati richiesti, ma l’appello fu respinto. Dopo questa frustrante esperienza e senza aver ricevuto altre informazioni per più di un anno e mezzo dall’ordine di demolizione e dall’appello in tribunale, i soldati sono arrivati alla data stabilita senza avvisi o comunicazioni di alcun tipo.
In molti casi gli ordini di demolizione vengono eseguiti molto tempo dopo l’annuncio iniziale. Le famiglie non ricevono altre informazioni e possono subire la demolizione in qualunque momento. I soldati possono arrivare quando vogliono con i loro documenti e procedono senza discutere alla distruzione. Il modo arbitrario in cui vengono messi in atto gli ordini può tenere le famiglie in continua ansia per lunghi periodi di tempo. I molti casi, la mancata libertà di movimento dei Palestinesi impedisce loro di poter andare al tribunale o al processo e di essere attivamente coinvolti nel caso, mentre al tempo stesso manca loro ogni utile informazione. Le demolizioni vengono per lo più eseguite rapidamente, ciò che rende difficile ad aiuti e sostenitori di arrivare in tempo sul posto per sostenere le famiglie e documentare le atrocità. La demolizione di un edificio priva la famiglia di una costosa risorsa e del danaro investito. La mancata attenzione economica e politica verso gli abitanti dei villaggi che subiscono queste demolizioni impedisce loro di riprendersi e di ottenere giustizia.
Commenti di Rashed Khudairy, coordinatore della Jordan Valley Solidarity:
La demolizione di edifici palestinesi nell’area C è una pratica iniziata da Israele nel 1997 allo scopo di allontanare i Palestinesi dalla loro terra, dopo che la guerra del 1967 non era riuscita a cacciarli completamente. E così sono stati continuamente uccisi e deportati, mentre la loro terra e la loro acqua venivano confiscate. Israele sostiene che i Palestinesi sono residenti illegali, ma documenti ufficiali che risalgono a più di cento anni fa dimostrano che i Palestinesi occupano legittimamente la loro terra. Questo legittimo diritto è stato interrotto dai coloni che occupano illegalmente il territorio palestinese, fino ad arrivare, tra le altre cose, alle demolizioni di case.
Chiediamo quindi all’opinione pubblica e alle istituzioni internazionali di mettere in atto l’articolo 4 della Convenzione di Ginevra del 1949 [protezione delle persone sotto occupazione, NdT]. L’attuazione della legge può contribuire alla protezione dei Palestinesi e compensarli per la perdita dei loro diritti materiali e morali conseguenti all’occupazione. I questo modo gli atti illegali compiuti dagli Israeliani sarebbero loro imputati come delitti contro l’umanità.
www.jordanvalleysolidarity.org
Traduzione di Donato Cioli
A cura di AssopacePalestina