Mercoledì 10 febbraio 2016, di prima mattina, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno demolito una quantità di case e di strutture agricole nella Valle del Giordano. I soldati, spesso accompagnati da coloni, hanno sostenuto che gli edifici non potevano stare dove erano perché quella è una “zona militare chiusa”.

Nei villaggi di Al Jiftlik, Fasayil e Almekser, almeno 6 case e 9 ricoveri (usati per accantonare provviste alimentari e per proteggere le pecore) sono stati rasi al suolo dai bulldozer. Oltre a ciò, ad Al Jiftlik l’IOF ha distrutto circa 2 km di condutture idriche, mantenute dal Gruppo Idrologico Palestinese, che rifornivano 52 famiglie (circa 300 persone).

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Ali Tafek, padre di sette figli, due dei quali fanno l’Università, è uno di quelli che hanno perduto la loro proprietà, costruita nel 1990, ed ha perduto anche il sistema di rifornimento d’acqua. Nonostante che Ali abbia documenti che dimostrano la sua proprietà della terra, già nel 2011 gli era stato notificato un primo ordine di demolizione. Anche se all’epoca aveva contestato questo ordine in tribunale, la settimana scorsa l’esercito ha emesso contro la sua famiglia un nuovo ordine di demolizione ed ha poi demolito il suo ricovero che era fatto di ferro e cemento. Il ricovero era usato come deposito per macchinari lavorativi ed altri strumenti, e ora la famiglia è stata privata della sua fonte principale di reddito.

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Rashed Salim Kharest è un altro padre di famiglia a cui è toccata la stessa sorte infelice. Ha nove figli e questa non è la prima volta che gli demoliscono la casa. L’esercito gliel’ha distrutta tre volte nel 2012. Nel 2015 ha ricevuto un altro ordine di demolizione –quello che è stato eseguito oggi– e questa volta le proprietà distrutte sono due ricoveri che usavano per viverci e per lavorare.

Un’altra famiglia colpita è stata quella di Salar Salame Kahbne. Con quattro figli e tre bambini, si trova ora in una situazione tutt’altro che favorevole. La baracca che è stata demolita non serviva tanto come dimora per la famiglia, quanto come ricovero per le pecore. La casa era stata costruita sei anni fa e l’ordine di demolizione era stato emesso nel 2011. “Ieri sono venuti i soldati e hanno fatto fotografie della casa”, ci ha detto.

Anche la casa della famiglia di Aoed Alee Ebderat è stata fotografata dall’IOF. Nel 2011 avevano ricevuto l’ordine di smettere di costruire nella loro proprietà. Poi, il 1 gennaio di quest’anno, hanno ricevuto l’ordine per questa demolizione. Lui voleva tornare in tribunale e fare appello contro la decisione del giudice, ma non sapeva come organizzare tutta la documentazione e si è stancato anche perché non riceve aiuto da nessuno.

Adiba Rahelh è stata colta di sorpresa nel trovare che la casa di sua figlia, che è in viaggio, era stata demolita. La famiglia vive su quella terra da prima del 1967 e aveva subìto una prima distruzione della casa nel 2000, ma l’aveva ricostruita nel 2010. Materassi, vestiti e mobili erano sparsi a terra tra resti di cemento e di ferro. “Noi siamo Palestinesi e non possiamo costruire niente, mentre Russi, Europei e altri arrivano qui e possono fare legalmente quello che vogliono”, protesta Adiba. “Che Dio ci protegga dalle politiche israeliane”.

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A Fasayil l’esercito ha preso di mira solo la proprietà di Abu Zead e di sua moglie Raja, che hanno 3 figli. L’IOF ha distrutto un bagno, il ricovero delle pecore e la tenda in cui viveva la famiglia. Sulla tenda c’era l’insegna del Dipartimento Aiuti Umanitari e Protezione Civile, ma questo non ha impedito che si eseguisse la demolizione. “Ero a Gerico e quando sono tornato a casa mio figlio Ibrahim stava piangendo a terra”, ricorda Abu.

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L’ultima demolizione toccata alla famiglia di Abu risale all’agosto 2015, ma ora non avevano ricevuto nessun ordine perché avevano ricostruito nello stesso posto della casa precedentemente demolita. “Siamo stati cacciati da 4 posti diversi e ora non abbiamo un altro posto in cui andare”, dice Raja. Nessuno è stato arrestato nel corso delle demolizioni.

Il coordinatore della Jordan Valley Solidarity, Rashed Khudiri, richiama l’attenzione della comunità internazionale sulla necessità di contrastare l’occupazione e le pratiche israeliane di demolizione, fino a quando i Palestinesi non abbiano conquistato la loro libertà e i loro diritti. “Questa è la più lunga e discriminatoria occupazione del mondo. Ci rubano l’acqua distruggendo la rete idrica nell’intento di estromettere la popolazione palestinese”, ha dichiarato.